Trasmissibilità aerea e persistenza del nuovo coronavirus sulle superfici

 

 

ROBERTO COLONNA & DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 11 aprile 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Fin dalle prime fasi dell’epidemia da SARS-CoV-2 in Italia, i soci della nostra società scientifica, per competenze mediche curricolari e talvolta per diretta esperienza con SARS-CoV-1, hanno ammonito coloro che sostenevano misure di prevenzione del contagio generiche o palesemente insufficienti, richiamando alla prudenza sulla base delle evidenze emerse dall’epidemia cinese del 2002-2003 che costò la vita a Carlo Urbani[1].

Misure sufficienti a prevenire un contagio da meningococco, come evitare semplicemente i contatti con gli ammalati e la permanenza in luoghi chiusi e affollati, erano state diffuse in ambienti sportivi in Spagna, Inghilterra, Francia e altri paesi durante il mese di gennaio, inducendo molti dirigenti di società di calcio a ritenere che gli stadi, come luoghi aperti, potessero impunemente essere riempiti. Poi le misure, corrette ma generiche per le infezioni virali a trasmissione aerea interpersonale diffuse dall’OMS, hanno indotto molti – ma non tutti – ad aggiustare il tiro, anche se, evidentemente, troppo tardi.

Un’interpretazione puerilmente rigida della distanza interpersonale di un metro, derivata da vecchi studi sul raggio coperto dalle goccioline di Flügge in particolari condizioni di prova, ha portato alla ridicola misura di prenotare in teatro i posti a poltrone alternate e a continuare ad ignorare il pericolo costituito dall’aria condizionata che può preservare il virus in sospensione, come abbiamo fatto notare e segnalato inascoltati per settimane.

Il nostro presidente, consultato informalmente il 26 di gennaio circa la sua posizione come medico ed ex ricercatore di immunologia in materia di prevenzione del contagio, ebbe a dire che era necessario “non incontrare il virus per essere sicuri di non rischiare la polmonite fatale”. Quella prudenza fu ritenuta eccessiva da molti e qualcuno commentò: “Menomale che fa il neuroscienziato e non il virologo, sennò questo ci avrebbe fatti chiudere tutti in casa come i cinesi!”.

In quei giorni e nelle settimane successive, alcuni virologi mediatici insistevano nel ripetere che si trattava di una “influenza solo un po’ più forte” che poteva avere esiti gravi solo in anziani portatori di patologie croniche o in pazienti affetti da malattie oncologiche o immunodepressi. In altri termini, lo schema dei fattori di rischio per le complicanze delle affezioni influenzali.

Noi ricordavamo che il virus SARS-CoV-1 è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e penetrare nel SNC, così, appena è stato proposto in pre-pubblicazione uno studio su questa possibilità di SARS-CoV-2, lo abbiamo recensito[2].

I numeri della vertiginosa ed estesa diffusione in Italia, poi divenuta pandemia con un tasso di mortalità molto più elevato del previsto, non potevano spiegarsi sulla base della nozione di un virus a stretta trasmissione interpersonale, senza rischio di contagio da oggetti contaminati o per trasporto aereo.

Perché nessun medico dell’Ospedale Cotugno di Napoli, specializzato nella diagnosi e cura delle malattie infettive, si è contagiato? Perché gli infettivologi di quel nosocomio di eccellenza hanno considerato fin dall’inizio la possibilità di altre vie di contagio, oltre l’inalazione diretta di goccioline emesse con tosse e starnuti da persone ammalate, e si sono protetti con tute, caschi e ogni altro dispositivo previsto dagli standard per le più insidiose e gravi possibilità di infezione. La loro scientifica prudenza li ha portati ad usare protocolli di vestizione e svestizione controllata: ciascun sanitario sia nel vestire tute e dispositivi protettivi sia nel dismetterli nella specifica camera dedicata e isolata, segue una procedura per passi definita ed è sempre controllato da un collega che ha la responsabilità di garantire che ogni passo sia eseguito correttamente.

Se nei paesi di iniziale e maggiore diffusione la popolazione è stata blindata, come è potuta avvenire una propagazione così estesa e capillare in tutto il mondo? Quali sono le ragioni?

Sicuramente perché le persone che trasmettono il virus non sono solo quelle che appaiono ammalate per febbre alta ed altri sintomi ben evidenti, perché il periodo di incubazione e latenza paucisintomatica è variabile e può essere molto più lungo di quanto inizialmente ipotizzato, ma anche perché il virus evidentemente non passa solo da ammalato ad ammalato: deve necessariamente viaggiare nell’aria ed essere trasportato a distanza.

Ora, uno studio autorevolmente presentato da Antony S. Fauci, direttore del NIAID (NIH), condotto da Neeltje van Doremalen e colleghi coordinati dal virologo Vincent Munster, ha accertato la capacità di SARS-CoV-2 di rimanere stabile da varie ore in sospensione aerea fino ad alcuni giorni sulle superfici.

(Neeltje van Doremalen et al., Aerosol and surface stability of HCoV-19 (SARS-CoV-2), compared to SARS-CoV-1. The New England Journal of Medicine – Epub ahead of print doi: 10.1056/NEJMc2004973, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Hamilton, MT (USA); University of California at Los Angeles (UCLA), Los Angeles, California (USA); Center for Diseases Control and Prevention, Atlanta, GA (USA); Princeton University, Princeton, NJ (USA); National Institutes of Health (NIH), Bethesda, MD (USA).

I ricercatori hanno riprodotto delle condizioni reali di contaminazione dell’aria e di oggetti presenti negli ambienti ospedalieri e casalinghi, attraverso la simulazione dell’emissione di flussi con tosse e starnuti.

Il lavoro, realizzato grazie a un progetto di collaborazione fra National Institutes of Health (NIH), CDC, University of California Los Angeles (UCLA) e Princeton University, ha rilevato la presenza del virus in sospensione aerea (aerosol) fino a tre ore dopo l’emissione, su superfici di rame fino a quattro ore, sul cartone fino a 24 ore e, su plastica e acciaio inossidabile, fino a due o tre giorni dopo.

Questi dati forniscono indicazioni di grande rilievo sulla stabilità del nuovo coronavirus umano e suggeriscono che il contagio possa avvenire attraverso l’aria e il contatto con oggetti contaminati.

I ricercatori hanno poi posto a confronto il comportamento ambientale di SARS-CoV-2 e SARS-CoV-1, ossia il virus della grave infezione respiratoria acuta già menzionata, che emerse in Cina nel 2002 e fino al 2003 infettò più di 8000 persone. Si ricorda che 17 anni fa le autorità sanitarie cinesi misero in atto un piano con altissima efficienza operativa per rintracciare tutti i contatti degli infettati, prelevarli anche con azioni di forza, e condurli in completo isolamento infettivologico[3].

Lo studio di stabilità dei due virus ha dato risultati molto significativi: il comportamento era del tutto simile. Se da un canto questo esito sperimentale è deludente rispetto alla domanda sul perché il secondo coronavirus abbia dato luogo ad una pandemia che costituisce una minaccia per la vita in tutto il mondo e non si riesce a circoscrivere con le misure poste in atto, dall’altro sgombra definitivamente il campo dall’illazione secondo cui SARS-CoV-2 sarebbe stato diverso da SARS-CoV-1 e più simile a un virus influenzale.

La discussione dei dati, per il cui dettaglio si rinvia alla lettura del testo integrale del lavoro originale, ha indotto gli autori a dedurre quanto da noi supposto dai dati epidemiologici quotidiani da oltre un mese e mezzo – quando indicavamo come insufficiente la rilevazione della temperatura per stabilire se una persona eliminasse o meno il virus – ossia che molte persone portatrici di infezione da SARS-CoV-2 hanno diffuso e stanno diffondendo il contagio senza essere clinicamente ammalate.

I risultati di questo studio confermano che le misure profilattiche concepite quando si ipotizzavano contagi esclusivamente interpersonali devono assolutamente essere integrate con quelle che tengono conto della trasmissione aerea e mediante oggetti contaminati, come prudenzialmente era stato previsto nel piano disposto dalle autorità sanitarie di Wuhan.

 

Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna & Diane Richmond

BM&L-11 aprile 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 



[1] In Italia vi furono solo quattro casi registrati, di cui due diagnosticamente verificati e due confermati in via presuntiva. Nel mondo, dal 2004, non sono più stati rilevati casi di SARS-CoV-1.

[2] Note e Notizie 14-03-20 COVID-19 può invadere il sistema nervoso centrale.

[3] Una condotta sanitaria diversa da quella decisa in Italia, basata sull’invio dei contagiati che non hanno bisogno immediato di cure ospedaliere e dei contatti risultati positivi al proprio domicilio, presso il quale dovrebbero rimanere in “quarantena volontaria”. A parte le trasgressioni, questa procedura comporta la sistematica trasmissione a tutti i conviventi e la possibilità elevata di contagio dei vicini, i quali, fino ad esecuzione di un tampone positivo, possono diffondere in giro il virus, anche semplicemente facendo la spesa alimentare quotidiana. Per il lettore non medico si precisa che l’isolamento viene effettuato presso istituti infettivologici specificamente dotati di stanze speciali per questo fine - alle quali si accede attraverso percorsi protetti e costantemente sottoposti a disinfezione - equipaggiate con tutti i mezzi idonei ad impedire la fuoriuscita di microrganismi (dei quali può essere monitorata la densità per m3 d’aria) e frequentate soltanto da personale sanitario munito di protezione integrale e specializzato nei protocolli di assistenza ai pazienti infettivi.